Area Giappone: Furoshiki

La maestra Ingrid Ingrassia terrà delle dimostrazioni di Furoshiki, l’arte dell’impacchettamento, e successivamente siete invitati a partecipare al suo workshop sul tema, sempre il 20 Maggio a NaonisCon.

Il Furoshiki, l’arte dell’impacchettamento

Il quadrato di stoffa che oggi conosciamo come furoshiki prende questo nome nel periodo Edo (1603-1868) quando, con l’aumentare dei bagni pubblici, le persone cominciarono ad avvolgere i loro cambi d’abito con questi tessuti, perché non si confondessero tra loro. Rientra nell’affascinante abitudine tipicamente giapponese di porre massima cura e attenzione nell’impacchettamento di ogni genere di bene, dal bento al regalo nuziale.
Parleremo delle origini e delle usanze nella tradizione e ai giorni nostri con la dimostrazione di due o tre usi.

Il Workshop

Il Furoshiki (風呂敷) è un tipico involucro quadrato di stoffa, tradizionalmente utilizzato in Giappone per trasportare vestiti, bentō, regali e altri beni. L’arte giapponese di avvolgere contenere, trasportare oggetti di ogni forma: un’alternativa elegante ed ecologica per preparare originali pacchi dono o accessori di uso quotidiano, come pochette borse borsette e porta oggetti.
La sensibilità verso l’ambiente cresce e tornano in voga materiali e abitudini antiche, di cui si riscopre la modernità.
Parleremo delle origini e delle usanze nella tradizione e ai giorni nostri, e apprenderemo oltre 10 modalità adatte alle diverse occasioni e oggetti.
Durata: 1h
Massimo numero di partecipanti: 12
Costo: 15€

La Maestra

Durante il percorso di studi classici a Udine, Ingrid Ingrassia ha la meravigliosa opportunità di studiare la fotografia sia dal lato storico sia da quello tecnico e artistico con Italo Zannier e Guido Guidi.
Si laurea in Architettura con una tesi in progettazione dove riesce ad inserire di straforo uno studio sull’uso del colore negli anni ’50 e ’60 in Italia e una ricerca fotografica sulla trasformazione dei quartieri Fanfani (INA casa) a partire dalle fotografie dell’Istituto Luce, per arrivare a oggi con un personale reportage.
La sua fissazione per il colore si manifesta in tutti gli ambiti come nella ricerca stilistica per l’arte, nell’arredo, la comunicazione e nella sua frase ricorrente – mutuata da un famoso film – Che accostamenti fa! I colori sono importanti!.
Già durante gli anni dell’università collabora con fotografi e videomaker, come assistente, seconda macchina, speaker; scrive testi per spot e cortometraggi.
Partecipa a diversi concorsi di architettura e fotografia, ricevendo da entrambi gli ambiti soddisfazioni e premi.
Attualmente fa parte dell’Associazione Nipponbashi (letteralmente ponte giapponese), attraverso cui la cultura nipponica viene a promossa a Treviso con eventi, corsi, viaggi, incontri ed ogni genere di approfondimenti.

Area Giappone: Vestizione di Kimono

Il 20 Maggio nella zona esibizioni dell’Area Giapponese, la maestra Veronica Piccolo mostrerà alle ore 9.30 la vestizione dello Yukata (kimono estivo) e alle ore 18.00 la vestizione del Furisode (kimono formale).

Lo Yukata

Lo Yukata è la forma più casual del wafuku, (abbigliamento tipico giapponese) e non è considerato un kimono vero e proprio perché implica elementi diversi, sia per quanto riguarda la fattura (cotone) sia la vestizione. Questa prevede infatti solo tre elementi: lo yukata, un cinturino per fissare lo yukata in vita e l’obi (la cintura alta), ed è solitamente indossato per feste ed uscite estive, per nulla formali o impegnative, perché è molto semplice da indossare.
La vestizione verrà fatta a specchio con un’altra persona, dimostrando così la facilità del suo uso.
La sua origine risale al periodo Heian (794-1185), quando, grazie alle importazioni di cotone, vennero creati dei pratici indumenti da indossare all’uscita dai bagni (il significato di yukata infatti è indumento da bagno).

Il Furisode

Il Furisode è il più formale indumento all’interno della famiglia dei kimono ed è caratterizzato da tessuti e decori preziosissimi e dalle lunghe maniche ondeggianti (furisode significa infatti maniche svolazzanti). Viene indossato solamente dalle donne nubili per occasioni importanti come la maggiore età e matrimoni, in quanto decori così vistosi sono adatti solamente ad una ragazza giovane.
La vestizione del furisode richiede molti elementi: solitamente la persona non lo indossa da sola (soprattutto perché non lo si indossa spesso) e l’obi con cui è legato è molto più lungo e largo di quello per lo yukata. Veronica Piccolo vestirà una persona.
Il furisode si sviluppa a partire dalla metà del 1500 come abbigliamento per giovani di entrambi i sessi dei ceti sociali più agiati, con maniche non troppo lunghe e decori adatti sia a maschi che a femmine, e con una lenta evoluzione raggiunge dai primi del ‘900 i connotati attuali.

La Maestra

Dopo la carriera scolastica all’Istituto d’Arte di Cordenons e dopo il percorso di laurea in Arti Visive – Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia, Veronica Piccolo continua il suo lavoro di artista sia come pittrice, con mostre in Italia, Austria e Cina, e sia come artigiana, con la creazione di costumi per il teatro e laboratori manuali di ogni genere. Il suo amore per il Giappone la porta a cimentarsi nella tecnica “tsumami zaiku” che consiste nella creazione di accessori (soprattutto Hana Kanzashi, i decori floreali tra le acconciature delle Geisha) piegando e incollando quadratini di stoffa. Una tecnica antica che risale all’incirca alla metà del periodo Edo (1603-1868) che Veronica è riuscita ad adattare alla sua sensibilità artistica, a metà tra tradizione e innovazione. Il suo negozio online MOMO Kanzashi vanta così clienti da tutto il mondo.
In concomitanza con questo lavoro ha cominciato a coltivare la passione per il kitsuke, la vestizione del kimono, collezionando diversi kimono per ogni stagione e indossandoli quasi quotidianamente. Dopo essersi trasferita a Pordenone ha trovato nell’Associazione Culturale Giapponese Yume il luogo perfetto per poter coinvolgere altre persone in questo mondo.

Area Giappone: Ikebana

Il 20 Maggio nell’Area Giappone di NaonisCon sarà presente anche l’arte dell’Ikebana grazie al maestro Diego Togni che, dopo un’esibizione, illustrerà anche le regole alla base della composizione e le implicazioni filosofiche connesse (wabi-sabi, regola della triade).
Successivamente chi lo desidera potrà effettuare una prova pratica presso la postazione organizzata da ItaliaOriente.

L’Ikebana

Probabilmente per molti di noi si tratta di una tecnica per disporre i fiori che proviene dall’oriente, ed almeno in parte avrebbero ragione. Ma l’Ikebana non è soltanto questo.
Importata dalla Cina, l’usanza di disporre fiori recisi in composizioni inizialmente molto semplici e spontanee, iniziò ad evolversi, sia in senso formale che in senso spirituale, via via raffinandosi e caricandosi di significati più profondi, quasi esoterici, ad opera dei monaci e dei nobili giapponesi del periodo Heian (VII-XII sec. d.C.). È a questo periodo che risalgono le prime regole scritte sull’Ikebana e vengono introdotti i concetti di semplicità, essenzialità e misura, che contribuiscono a rendere peculiare quest’arte di disporre i fiori.
Già verso il XII-XIV secolo, disporre i fiori diviene una forma di decorazione delle camere dei palazzi dei nobili in occasione di visite importanti.
Dal XV secolo l’Ikebana diventa un’arte. Maestri di Ikebana vengono accolti alla corte dell’imperatore, nascono concorsi e mostre nei palazzi e anche ricchi cittadini si dedicano all’Ikebana, specialmente durante feste ed occasioni festive.
Intorno al 1600 questa pratica si estende anche ai samurai, venendo inserita tra le arti marziali del Bushido assieme a spada, lancia, arco, equitazione, nuoto in armatura e calligrafia. È a questo perido che si possono far risalire molte scuole antiche, tra cui la Yoshino Koryu. Per la grande diffusione dell’Ikebana si dovrà comunque attendere l’epoca Meiji, verso la fine del XIX secolo, con il sorgere delle prime scuole aperte a tutti – anche a donne – e la codificazione dei vari stili.
La creatività del compositore di Ikebana deve muoversi (almeno nelle scuole classiche) all’interno delle regole prescritte; questo però non limita la creatività, anzi la esalta, portando ad esprimere i propri sentimenti in modo quasi distillato e rarefatto, inducendo spesso una riflessione profonda nell’ospite che osserva i fiori, finanche entrando in empatia con il compositore.

Il Maestro

Diego Togni è allievo dal 2006 del maestro Dino Forconi, Soke della Yoshino Koryu Italia.
Ha conseguito nel 2017 il terzo dan di Ikebana, che pratica insieme a Kyudo e Ken presso l’Associazione Italiaoriente di Pagnacco (UD).

Area Giappone: Kendo

Il 20 Maggio nella zona spettacoli dell’Area Giappone di NaonisCon sarà presente la maestra Mami Hamada che terrà due esibizioni dal titolo Via della spada – Kendo alle ore 10.30 e alle ore 15.00.

Il Kendo

Il Kendo è un’arte marziale giapponese tradizionale, evolutasi dalle tecniche di combattimento con la katana, anticamente utilizzate fra i samurai. Si può dire che questa disciplina sia un esempio del peso delle tradizioni storiche, religiose e culturali delle epoche passate, nella vita del Giappone moderno.
Il Kendo che si pratica tuttora nasce nel 1700. In questo periodo storico nelle scuole di scherma, nate dalla necessità dei samurai di radunare e addestrare eserciti sempre più numerosi, si cominciano a fare esperimenti inediti, fino ad ideare una nuova arma non violenta: lo shinai.

Lo shinai è composto da stecche di bambù assemblate con guaine di pelle e una cordicella. Essa dà la possibilità di avere un combattimento più dinamico che non reca danni all’avversario e, di conseguenza, protezioni più leggere.
Dal 2012 il Kendo è diventato materia obbligatoria nelle scuole medie giapponesi. È la volontà di coltivare i valori della tradizione e della religiosità insita nella via della spada (traduzione letterale della parola kendo), l’esigenza di conservare una propria identità culturale a fronte dei modelli occidentali introdotti nel Paese nell’epoca moderna, estranei ai propri valori.

Lo scopo del Kendoka è di addestrare la propria anima attraverso la disciplina e le regole del combattimento, non di usare le regole del combattimento e il mezzo della spada come strumento che sopprime l’avversario.

La Maestra

Mami Hamada nasce ad Osaka, in Giappone, ma vive a Udine dal 1991. Pratica Kendo dal 2004, attualmente è terzo Dan, e nel 2009 ho ottenuto il titolo di insegnante dalla Confederazione Italiana Kendo.
Il Dojo in cui insegna la maestra si chiama Shin Musashi Dojo (Udine) e fa parte della Confederazione Italiana Kendo.

Area Giappone: Cerimonia del Tè

Alle ore 11.30 e alle ore 14.00 nell’Area Giappone avrà luogo la Cerimonia del Tè (Cha no yu) con la maestra Makiko Wakita e poi avrete la possibilità di partecipare ad una lezione direttamente il 20 Maggio in fiera a NaonisCon!

La Maestra

Makiko Wakita è nata in Giappone, vicino alla città di Osaka, e già dal 1988 inizia a studiare cerimonia del tè dal maestro Kazuie Murayama, della scuola Omotesenke.
Dal 2000, dopo essersi trasferita in Italia da alcuni anni, decide di partecipare a varie manifestazioni culturali per diffondere nel nostro Paese la conoscenza di questa incantevole arte.
Dal 2009 la maestra Wakita tiene corsi di Cerimonia del Tè presso la sede del Centro Zen Vicenza.

La Cerimonia del Tè

La Cerimonia del Tè, Cha no yu (letteralmente acqua calda per il tè), è un rito sociale e spirituale praticato in Giappone. Può essere svolta secondo stili diversi ed in forme diverse: a seconda delle stagioni cambiano la collocazione e l’uso degli utensili.
Essa rappresenta al meglio la cultura giapponese, infatti è una delle arti tradizionali Zen più note.
Per la cerimonia si usa il matcha, tè verde polverizzato, che viene mescolato all’acqua calda con l’apposito frullino di bambù (chasen), creando così una sospensione, non un’infusione come succede con i classici tè.
Per questo motivo, e per il fatto che il matcha viene prodotto utilizzando i germogli terminali della pianta, la bevanda ha un effetto notevolmente eccitante. Esso infatti veniva e viene ancora utilizzato dai monaci zen per rimanere svegli durante le pratiche meditative (zazen).

L’esibizione

Dopo una breve spiegazione, la maestra dimostrerà una parte della cerimonia che consiste unicamente nella preparazione di una tazza di tè, della durata di circa 45 minuti.
La forma completa, invece, può durare anche quattro ore ed è accompagnata da un pasto in cui, vengono spesso serviti prima della tazza di tè i wagashi.
I wagashi sono dei dolci tradizionali giapponesi che vengono fatti a mano usando ingredienti naturali. Oltre al gusto dolce, che serve ad equilibrare il gusto del tè matcha che è amaro, viene stimolata anche la parte visiva ed estetica, “assaporando” questi dolci già alla vista. Nel Cha no yu, i wagashi, vengono serviti in base alla stagione.

Il Workshop

Vengono spiegate le procedure fondamentali per prendere e bere una tazza di tè matcha, che verrà servito dopo aver gustato un dolce wagashi. Possono partecipare al massimo otto persone alla volta e la durata è di circa mezz’ora per gruppo.

Invece, per chi volesse soltanto bere una tazza di tè matcha accompagnato al dolce wagashi, la degustazione dura solo 10 minuti.

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